«Buonasera, era per tagliarmi i capelli, potrei adesso?»
«Si, entra pure»
La ragazza è quanto meno appariscente, una bella ragazza, ma un po’ troppo sopra le righe. Io non me la ricordavo così, la parrucchiera di fianco alla farmacia…
Capelli neri, occhi pure quelli neri con un trucco leggero; i tratti del volto un po’ grossi, ma armoniosi e ben proporzionati, un bel viso.
Jeans attillati a sottolineare una forma invidiabile, camicia sempre in jeans ma senza maniche e con solo tre bottoni dei cinque allacciati, così da mettere in mostra una generosa scollatura.
Sandali senza tacco (vita da parrucchiera, tutto il giorno o quasi in piedi) sarà alta almeno un metro e settanta, forse un po’ di più, e si muove che sembra ballare ad ogni passo.
Mio lieve imbarazzo; non so mai dove guardare in questi casi, così butto l’occhio ogni tanto nello specchio per spiarla mentre prepara l’occorrente, prende il telo da mettermi sulle spalle, le forbici, il pettine…
«Prima li laviamo, accomodati di là»
Mi siedo davanti al lavello per lo sciampo e accomodo la testa nella scanalatura.
«Va bene l’acqua così?»
«Perfetta, grazie.»
Io non me la ricordavo così, la parrucchiera di fianco alla farmacia…
«Scusa, ma tu da quanto tempo sei qui?»
«Sono quasi tre anni a dicembre»
È proprio lei.
L’avrò vista si e no due volte, passando qui davanti, da dietro la vetrata del negozio, seduta alla cassa o mentre lavorava ai capelli a qualcuno, sempre d’inverno, adesso che ci penso, e questo potrebbe giustificare il perché non la ricordassi così in forma, magari gli abiti pesanti nascondevano molto, magari si è messa a dieta, oppure… boh.
«Tu abiti da queste parti?»
«Si, proprio qui dietro l’angolo; anche noi siamo qui da poco, due anni. E prima dove eri?
«In San Donato, sai vicino alla facoltà di… non ricordo, vicino alla porta»
«Eh si, lì è zona universitaria e ce ne sono diverse di facoltà»
Finito lo sciampo torniamo di là.
«Come li facciamo?»
«Mah, guarda, un’aggiustata, è da un pezzo che non li taglio e non hanno più un verso ormai»
Fascietta intorno al collo che isola dalla possibilità che si insinuino dei capelli appena tagliati dentro la camicia, telo, forbici e pettine.
Alla radio intanto passano Cesare Cremonini
«Oh no, adesso anche questa musica oggi…»
«…»
«Sono malinconica e se poi passano queste musiche non può che peggiorare»
La butto su un’ipotesi di nostalgia della terra d’origine
«Scusa, ma tu di dove sei?”
«Vengo dalla Colombia, sono qui da diciotto anni»
C’ho preso. Forse un po’ di nostalgia della famiglia, dei cari lasciati laggiù, sono finite le ferie, magari è appena tornata da un viaggio in Sud America»
«Ah, Sud America. Mio fratello…”
mi blocco pensando che se apro il file Fabio si spalanca un mondo intero e non ho né la voglia né il tempo per addentrarmi nel racconto delle vicende caraibiche di mio fratello, magari un’altra volta.
«...mio fratello c’è stato qualche volta in vacanza»
bugia colossale, visto che lui laggiù ci lavora, in Venezuela. Ma se ricordo bene ha fatto anche un periodo in Colombia…
«Dev’essere molto bello laggiù»
un’altra banalità così e la conversazione finisce come finisce di solito per me dal parrucchiere: “troppo calda? no va bene così, come li facciamo? solo un’aggiustatina…”.
«Si si, bello bello, ma io sto tanto bene in Italia, ormai”
«Magari è settembre che ti fa malinconia. A me invece piace così tanto settembre perché…»
«Ma no, è il moroso, il fidanzato… tre giorni che non ci vediamo e sento la mancanza»
«Ah capisco, beh in effetti quando capita non fa differenza un mese invece di un altro, anche se…»
«Eh si. Poi è lui che mi fa arrabbiare sempre. Sempre litigare e litigare e poi se non lo vedo mi manca da morire e quando penso di lasciarlo lui arriva in un attimo come se leggesse pensiero, due cosine…»
porge per un attimo davanti ai miei occhi il polso sinistro ornato da un braccialetto con delle pietre scure che non riconosco…
…e io ci casco di nuovo come una pera cotta»
«Va be’, allora sei innamorata, è normale che…»
«Eh si si. Ma voi uomini siete sempre così complicati»
Potrei dire la stessa cosa di un sacco di donne che conosco, ma non lo dico e ricorro invece alla frase che uso di solito in queste circostanze, che non scontenta mai nessuno
«Ma no, complicati… È che ci atteggiamo a fare i complicati per far finta di avere tanti neuroni in testa invece che averne solamente uno che muore di solitudine»
«Ah ah ah ah»
Ride con una bella risata, buttando indietro i capelli, forse atteggiandosi un po’ troppo a diva del cinema. Comunque ok, la conversazione è salva, su un binario tranquillo, potrei arrivare anche in fondo al taglio sentendola parlare del fidanzato, semplicemente facendo qualche domanda generica ogni tanto.
Continua ancora un po’ il lavoro parlando del suo moroso, di una lite nata per colpa di Face Book e di certe foto pubblicate, di una sua amica che non è più sua amica, e se un giorno si arrabbia davvero esce la sera dopo cena, beve tanti drink e poi quello che succede succede e via così…
Mentre parla penso a questa ragazza venuta dall’altra parte del mondo che non aveva voglia di studiare e imparò un mestiere che ha continuato a fare anche una volta arrivata in Italia; che almeno una volta all’anno va a trovare sua madre che vive in Spagna e le sorelle ancora in Colombia; questa ragazza con il suo accento un po’ buffo, la sua vocetta quasi ingenua mentre accenna a canticchiare qualche parola delle canzoni della radio; guardo tre foto di cantanti e di un attore infilate nella cornice dello specchio, penso a quella sua scollatura che forse in Sud America non fa effetto a nessuno e che qui invece ha un certo peso e un certo potere nei confronti degli uomini e che tutto sommato, si tutto sommato, mi sembra una brava ragazza un po’ ingenua, a scapito del suo aspetto.
«Finito, guarda che bell’uomo»
«Eh seee. Dai, un bel lavoro, grazie. Stasera mi scorcio anche la barba, va…»
«Vuoi che faccio io?»
«?… cioè mi tagli anche la barba?»
«Si, faccio con la macchinetta, tu con cosa fai di solito»
«Con la macchinetta anch’io»
«Allora taglio io»
«D’accordo, va bene…»
Si mette a scorciarmi la barba; io un po’ stupito, non ho mai fatto tagliare la barba da un barbiere, figuriamoci dalla parrucchiera.
«Guarda che bell’uomo…»
Ancora?
«Venerdì pomeriggio… barba e capelli… dove vai stasera? Hai un appuntamento?”
«Ma no, davvero, tutt’altro guarda…»
Che piega sta prendendo la conversazione? Che faccio adesso? Quanto le manca per finire?
«Quanti anni hai, se posso fare i fatti tuoi»
«Eh, già quarantanove»
«Ma dai! Dici sul serio? Dieci di meno te ne davo, davvero! Diamo a Cesare…»
«…quel che è di Cesare. Si si… grazie…hemm…»
imbarazzo IMBARAZZO
«Metti qualche crema qui sul collo? O intorno agli occhi?»
«No, niente…»
«E massaggi? Ne fai di massaggi?»
«Qualche anno fa, per un problema con la schiena, ho fatto qualche seduta…»
«Ah ah ah ah»
la stessa risata di poco fa
«Ma non dico quei massaggi…»
si fa improvvisamente seria e appoggiandosi sulle mie spalle con le mani e col busto, mi fissa dallo specchio
«Parlo di… altri massaggi»
«Ah… gli altri massaggi…»
«Quelli…»
«No, quelli no…»
«Allora facciamo che magari se hai bisogno, in maniera più privata… magari a casa mia, ne possiamo parlare…»
«Ah, ecco. Si si capisco…eh, se magari ho bisogno, in maniera più privata… capito…»
Finito il lavoro mi alzo e ci avviciniamo alla cassa, gli allungo i soldi e lei insieme al resto e alla ricevuta mi da il suo biglietto da visita
«Tutto in regola: regolare fattura.»
«Ok, allora grazie, ciao!»
«Ciao…»
Chissà se emette una regolare fattura per ogni tipo di prestazione professionale…
Va be’, lasciamo perdere, stavo scherzando.