Massa Marittima, 3 agosto 2009
Il Balestro di agosto del 2009 non si farà.
Ho appreso ora la notizia e la prima considerazione che mi è venuto spontaneo fare è quella di non riuscire a dare torto a chi, con la sua scelta, ha fatto si che la manifestazione venisse annullata.
Capisco quel sentimento, capisco quel sentirsi svuotati e chi non lo capisce non bisogna star lì a perder tempo per spiegarglielo, peggio per lui.
Mercoledì scorso, entrando nella Sede del Terziere di Cittanova sono stato preso da quell’onda di sentimenti che monta in queste circostanze.
I colori degli Sbandieratori stesi a terra, la bara con la bandiera del Terziere appoggiata sopra quasi come un abbraccio.
Mi è salito un groppo alla gola e un sentimento struggente di attaccamento anche per quei colori, i tanto “odiati” colori bianco rossi che però in quel luogo e in quella circostanza stavano lì per parlare di tutto l’attaccamento nei confronti di Marcello manifestato con quella fede comune, quella appunto nei propri colori e in quelli della Società dei Terzieri, nei colori di Massa,nelle proprie radici.
E adesso non mi vergogno nel dire che al di là del dolore e della tristezza, in quella sala ho provato un vero e proprio moto di orgoglio nel sentirmi una parte, seppure marginale, di questa comunità.
Di giovedì e del corteo che ha accompagnato Marcello fino alla Torre del Candeliere purtroppo ho potuto vedere solo poche immagini in televisione, a tarda sera e leggere i resoconti nei giornali del giorno dopo.
Ma si è rinnovata la stessa sensazione del giorno prima.
Mi sono immaginato quei ragazzi e quegli uomini mentre indossavano la calzamaglia, infilavano gli stivali, allacciavano i corpetti.
Ho immaginato il loro trattenersi dal piangere con i denti stretti, le parole dette sotto voce, qualche imprecazione…
Poi li ho visti entrare nella sala del Terziere e caricarsi sulle spalle la bara con dentro quello che restava del nostro amico.
I gradini scesi dalla porta d’ingresso, i lecci davanti Sant’Agostino e poi il Corso. Cosa sono duecento, trecento metri? Quanto saranno sembrati lunghi quei due trecento metri e quanto saranno sembrati pesi quei costumi?
Il carro funebre davanti alla torre, le persone che si tirano giù dalla spalla la bara e l’allungano dentro la macchina, il portellone si chiude e si chiudono anche le gole, gli occhi si inondano, qualche mano va a coprirsi la bocca, altre finalmente si asciugano il viso, rigato dalle lacrime già dal momento in cui è stato infilato il primo stivale.
La macchina se ne va…
Siamo arrivati ad oggi pomeriggio, con i dubbi dell’attesa di cosa sarebbe stato deciso, personalmente convinto che qualunque decisione fosse stata presa sarebbe stata quella giusta e basta.
Tenendo ben presenti che ci possono essere tutta serie di considerazioni, del tipo che si corre il rischio di creare un precedente, oppure che forse si dovrebbe indire un Balestro straordinario e dedicarlo a Marcello o ancora che Marcello, come lo conoscevamo tutti, avrebbe detto “andate in piazza e cercate di vincere questo di Balestro, altro che non farlo” figuriamoci poi cosa avrebbe potuto pensare di una sua “beatificazione” con tanto di balestro dedicato “ma si scherza davvero?”.
Ho creduto che il Balestro avrebbe avuto un suo “regolare” svolgimento, soprattutto perché se venti o trenta persone avevano indossato quei costumi per accompagnare un amico in quello che banalmente si dice essere il suo ultimo viaggio, quelle stesse persone non si sarebbero sottratte al “dovere” di omaggiare quello stesso amico qualche giorno dopo durante il Balestro, nello sfilare con le insegne a lutto, forse piangendo dal primo rullo di tamburo fino all’ultimo e avrebbero lottato per portarsi a casa quel palio al quale lo stesso Marcello aveva lavorato per procurare chi lo ha dipinto.
E semmai fossero riusciti a vincerlo, già sapevano che avrebbero pianto dalla disperazione piuttosto che ridere dalla gioia.
Saputa la notizia che invece era tutto annullato, ci sono rimasto un po’ male proprio perché io vedevo in questa occasione, un’ulteriore momento in cui onorare la sua persona e quello che, chissà poi, io mi sono immaginato essere la sua volontà “si va lì e si vince”.
Ecco, ho visto in questa rinuncia, come dicevo, un sottrarsi a quello che sicuramente sarebbe stato un dolore, non una festa o anche solo una gara, ma anche il sottrarsi ad un grande momento di unità, di comunione, di speranza, di amore, che difficilmente potrà ripetersi in una qualunque gara in memoria o dedica di balestro.
Tutto qui, nient’altro che qualche pensiero a cuore aperto.
Mi scuso con tutti coloro i quali sarò sembrato inopportuno con queste mie righe.
Grazie per l’attenzione.