Uno…
Due…
Tre…
Frizione, retromarcia, gas e tre metri indietro.
… … …
Lei è seduta alla cassa del parcheggio, è lì da circa un’ora da quando ha preso posto per il suo turno della giornata.
Io, dopo aver ritirato il biglietto dal distributore automatico, ho messo la macchina quasi in fondo al parcheggio, nella parte più lontana dal baracchino della cassa. Non ho visto chi fosse di turno.
Io e lei ci siamo conosciuti molti anni prima, avevamo avuto una storia dal finale tormentato. È stato ventitre anni fa.
Ci si lasciò male, malissimo addirittura, con strascichi interminabili.
O così mi era parso; io, il responsabile della brutta fine di quella storia.
Il tempo sfuoca i confini, vero?
Diluisce le colpe, no?
O così mi pare.
In tutto quel tempo mi è capitato di ripensare alle mie colpe – e l’elenco è lungo parecchio – mi è capitato di ripensare agli sbagli, alle parole non dette, ai silenzi ostili, alle brutte cose scritte. Insomma tutto il solito corollario di queste situazioni.
In tutto questi anni non ci siamo ai più parlati né guardati, ostinatamente evitati, mi viene da dire.
Ventitré anni fa, accidenti!
Appena fatto i giri che dovevo fare in centro, torno al parcheggio.
Guardo verso la cassa e la vedo.
Subito mi monta quel minimo disagio che avverto ogni volta che mi capita di incrociarla, occasioni che sono sempre qui al parcheggio.
Decido di non farci caso e penso ad altro.
Apro, mi siedo, metto in moto, manovra in retromarcia, metto la prima e mi avvio all’uscita.
-Ciao – dico quasi sottovoce
-Sono due euro – risponde asettica ma con garbo
Prendo le monete, una da un euro e due da cinquanta centesimi, allungo la mano sinistra fuori dal finestrino per pagare, ma questa sbatte contro il bordo del finestrino e due monete cadono a terra.
– Lascia che le prendo io – fa lei
– Ma no, ci metto un attimo – sale l’imbarazzo
Apro la portiera che sbatte contro la parete della guardiola, mi sono fermato troppo vicino e lo spazio rimasto non è sufficiente per farmi uscire.
Richiudo la portiera e mi sposto un metro più avanti; scendo e raccolgo il primo euro e mezzo; ma non basta: gli altri cinquanta centesimi sono rotolati sotto la macchina.
– Ecco, perfetto! Aspetta ancora un attimo – imbarazzo
– Ma lascia stare, davvero, ci penso io, non importa…- imbarazzo
Salgo di nuovo, sposto la macchina indietro, scendo e raccolgo la moneta.
Salgo in macchina, mi porto di fianco alla finestrella della guardiola e completo il pagamento.
– Ci mancava la gag degli spicci, ecco, grazie…-
– Grazie a te –
Metto la prima, faccio tre metri mentre butto l’occhio sullo specchietto retrovisore, prima quello interno: inquadro la guardiola e la ragazza seduta dentro.
Poi quello esterno: inquadro la ragazza seduta la suo posto.
Freno, tre secondi fermo.
Uno…
Due…
Tre…
Penso: perché no?
Sembra di essere al cinema.
È un scena che se la vedessi al cinema mi piacerebbe: lui che sembra andarsene, ma si ferma, ci ripensa e torna indietro.
E se mi è capitata questa sceneggiatura un motivo ci sarà. no? Allora vediamo di concludere la scena, che ho da perdere?
Cerca di mordermi lo stomaco.
Altri secondi, passo in rassegna gli sbagli, le parole non dette, i silenzi ostili, le cose scritte,
Uno…
Due…
Tre… le parole non dette…
Va bene via, si va!
Frizione, retromarcia, gas e torno tre metri indietro.
Affianco la finestrella, lei si gira verso di me, io la guardo
– scusa, è che volevo salutarti per bene –
– ah…-
– mi faceva piacere, ecco –
– ah… fa piacere anche a me – accenna un sorriso
– allora ciao. Come stai? –
– ciao anche a te. Bene grazie e te? –
– bene anch’io –
” … … … “
“… … …”
– si però adesso vai che sto diventando rossa, dai…”
– si, hai ragione, anch’io sto diventano rosso, allora ciao!”
Frizione, prima, gas e riparto dopo aver pagato la sosta e chiuso un conto in sospeso dopo ventitre anni.