Oggi non è iniziata benissimo la giornata, del resto neppure si era chiusa bene ieri, quindi non essendo subentrato nessun fattore a cambiare il quadro della situazione, non mi aspettavo che stamani andasse diversamente. Ci speravo, però.
Oggi non va per niente bene e ve lo vengo a raccontare.
Perché vi scrivo tutto questo?
Dico “vi scrivo” perché quello che fino a poco più di un anno fa poteva essere solo un diario personale, ha smesso di esserlo; pubblico in rete tutto quello che mi passa per la testa, imponendomi pochissima censura, rivolgendomi a dei potenziali lettori, aspetto imprescindibile di ogni blog, cioè uno che scrive, almeno un altro che legge.
Non è per farvi spiare dal buco della serratura la mia vita, né quella dei miei famigliari, quelli che possono essere gli aspetti più intimi, come può essere quello della malattia di una persona cara, come sta accadendo in questi ultimi mesi.
Né lo faccio per sentirmi dire “poverino ma come fai, che bravo a sopportare tutto questo” io non sopporto nulla, se non marginalmente, il peso di tutto è sulle spalle di mia moglie, ogni giorno fisicamente un po’ più strette, ma in grado di ridere ancora con i nostri figli o con chiunque dica una cosa spiritosa, con la voglia, nonostante tutto, di sorridere a chiunque entri in questa camera d’ospedale. Io sorrido un po’ meno.
Allora perché vi racconto tutto questo?
Non c’è una soglia oltre la quale non andare?
Una porta da chiudere un attimo prima che si possa sbirciare dentro?
Scrivo perché ho bisogno di questa valvola di sfogo.
Ho la necessità di distillare in parole scritte tutti questi momenti.
Voglio che nulla di tutto questo vada perso, le speranze, anche se tradite.
Il dolore. Certe volte la gioia.
Lo farei, appunto, e qualche volta l’ho fatto, anche in altre circostanze, raccontando episodi che a me sembravano divertenti e comunque vissuti nel corso di periodi sereni.
Una volta disegnavo molto, dipingevo anche molto.
Arrivai al punto in cui però per raccontare quello che volevo, non mi sarebbe bastato più né un foglio né una tela; e non era un problema di quanti fogli avessi o di quanto grande fosse la tela.
Avrei voluto realizzare una serie di immagini con dei personaggi che dessero vita a quello che volevo comunicare. Avrei avuto bisogno di fare qualcosa di molto vicino a (adesso estremizzo) girare un film, pensate.
Poi le circostanze ci portano spesso su altre strade, cambiano gli interessi, la voglia o le possibilità per dare corpo alle proprie aspettative o ai desideri più intimi; quindi la cosa più vicina a girare dei film (estremizzo ancora) é stato scriverne le sceneggiature, per raccontare con le parole quello che avrei voluto facessero i miei personaggi.
Poi spesso è capitato che i miei personaggi facessero quello che facevo io e viceversa, scambiandosi spesso la parte, giocando tra una realtà vera e una realtà inventata e così sono nate queste pagine.
Vedetela così: non sto scrivendo di me, sto scrivendo una storia che potrebbe essere la mia e incidentalmente coincide con la mia.
Qualcuno potrebbe riconoscersi in situazioni, stati d’animo, parole; altri invece no e leggerla con il dovuto distacco e andrebbe bene lo stesso.
Nulla di più.
Bisognerebbe fare come fanno i bambini :
Giochiamo a FACCIAMO FINTA CHE ….