Sarà un caso, ma digitando su GOOGLE IMMAGINI il termine “buonsenso“, il primo personaggio che salta fuori sul monitor è il Ministro degli interni Matteo Salvini…

Sarà un caso, ma sempre di più, col passare del tempo, mi trovo a dissentire, spesso in maniera profonda, con tutto ciò che è spacciato come la capacità di giudicare con equilibrio e ragionevolezza una situazione, comprendendo le necessità pratiche che essa comporta, cioè il “buonsenso“.

In modo abbastanza paradossale, il “buonsenso” sta diventando il sinonimo contrario di “buonismo” e si sta affermando come una versione meno dispregiativa di quella che potrebbe essere “cattivismo”, come un’accezione non reazionaria, e quindi violenta, rispetto a quella con la quale negli ultimi due o tre anni vengono apostrofati tutti coloro i quali si lasciano prendere da un atteggiamento diverso dal “buonsenso”. Viene da pensare che si tratti di un essersi auto-fregiati di questo appellativo (appunto prima di essere definiti “cattivisti“) come per rifarsi la facciata, che però non cambia di molto la sostanza delle cose, una atteggiamento che vuol convincerti in maniera educata che la loro opinione vale più della tua, semplicemente perché a premessa di ogni loro affermazione c’è “secondo il buonsenso…”, “come suggerisce il buonsenso…“, “usando un po’ di buonsenso…” e via dicendo, a cui segue il postulato forte di un’analisi razionale della circostanza, ammantato di logicità; pregno di senso buono appunto.

E niente, non ce la si fa: “buonsenso” 3 – “buonismo” 0, a tavolino.

Vince su tutta la linea iI “buonsenso” del padre/madre di famiglia, cioè, così per dire, i due custodi di quell’istituzione sociale all’interno della quale spesso vengono perpetrati alcuni dei crimini più terribili di cui io genere umano riesce a macchiarsi.

Viene il “buonsenso“dell’attuale Ministro degli Interni, grazie al quale siamo stati suddivisi in due categorie ben separate e distinte, strumentalmente, ma anche geneticamente vorrei aggiungere, l’una contro l’altra, due gruppi nei quali si contano da una parte quelli che sanno sempre cosa si deve fare in tutte le circostanze che la quotidianità ci pone davanti (immigrati, ordine pubblico, sicurezza nelle strade e nelle case, famiglia, giovani, gusti sessuali, salute, traffico, lavoro, inceneritori si inceneritori no, è meglio un’Audi di una Volkwagen, ecc. ecc.

Mentre dall’altra parte trovi quelli che si lasciano ingannare da un diverso sentire, invece che seguire la ragione e basta, quelli magari con la testa un po’ tra le nuvole, che non si rendono mai bene conto della situazione, che hanno tanti dubbi e quasi nessuna certezza e quasi sempre qualche decibel in meno nel tono della voce.

Se ormai molti anni fa, oltre a questa tendenza verso i sogni ad occhi aperti contrapposta al solido e tranquillizzante materialismo del “buonsenso” (la roba prima di tutto il resto, l’argenteria per capirci, o al massimo il gattino, il cagnolino, il pesciolino, il pappagallino…) se una volta dicevo, le due categorie erano distinguibili anche per un’appartenenza politica ben precisa, (estremizzo, o destra o sinistra) oggi manco più quello ti aiuta a sentirti almeno un po’ più vicino agli altri, un po’ meno solo rispetto al partito unico del “buonsenso”, perché è questo che è diventato, un assembramento che riunisce sotto la propria bandiera una folla, indistintamente di destra o di sinistra, tenuta insieme dalla banalità dell’ovvio, dello scontato: hai fame? mangia qualcosa, hai sonno? perché non fai un pisolino? piove? portati l’ombrello…

Ecco il “buonsenso”, ed è un attimo che la bandiera si trasforma in un velo pietoso.