
Stanotte eravamo insieme a pranzo in un ristorante in riva al mare. Ti alzi avvicinandoti alla finestra e mi chiami “Vieni a vedere, è incredibile!” Ti raggiungo e poco distanti dalla riva, in quella luce da mezzogiorno, vediamo dei delfini, una decina, che fanno le loro evoluzioni; aumentano di numero e in un attimo diventano un centinaio almeno. Uno spettacolo che ci lasciava a bocca aperta...
Ieri mattina leggevo questo articolo pubblicato martedì su IL SOLE 24 ORE: https://www.ilsole24ore.com/art/l-inquinamento-particolato-ha-agevolato-diffusione-coronavirus-ADCbb0D articolo nel quale alcuni studiosi affermavano il loro punto vista, secondo il quale ci sono sufficienti dati per ritenere credibile l’inquinamento uno dei veicoli di diffusione dei virus, non solo quest’ultimo.
E poi quest’altro pubblicato mercoledì su OPEN: https://www.open.online/2020/03/18/emergenza-coronavirus-per-agricoltori-e-distributori-bio/
Ripensavo a tre parole sentite nei giorni scorsi durante una call di lavoro, si parlava (sintetizzo) di come approcciarsi al lavoro in questo periodo di quarantena: “bisogna cambiare paradigma” e mi sono chiesto cosa significasse per me questa frase. Le risposte sono state due:
- La situazione in cui siamo non è la terza guerra mondiale, non è la fine del mondo. Ma forse è la fine di un certo tipo di mondo. Abbiamo visto le immagini dell’acqua dei canali di Venezia, che senza moto ondoso di barche di ogni tipo è ritornata trasparente, i delfini che nuotavano di nuovo nel porto di Cagliari o le imagini satellitari della diminuzione dell’inquinamento in tutta Italia, in particolare intorno a Milano, ma anche Bologna. Ecco, questo virus, per quanto possa sembrare paradossale, ha svelato (semmai ce ne fosse stato il bisogno) questo enorme equivoco nel quale viviamo, e cioè che l’acqua dovrebbe essere sempre di quel colore, il cielo limpido e i delfini liberi di nuotare dove vogliono.
- Per me cambiare paradigma non significa affrontare l’emergenza solo nell’attesa che tutto torni come prima. Il paradigma che abbiamo seguito finora non potrà più essere il modello di riferimento ritenuto valido fino a due settimana fa. L’emergenza, pur nella sua drammaticità, ci ha messo davanti la possibilità di fare delle scelte, tra un prima e un dopo il Coronavirus. Imbastire qualsiasi nuova iniziativa lavorativa in questo contesto di emergenza, senza però tenere in considerazione questa necessità di cambiare paradigma, credo sia profondamente sbagliato e profondamente ingiusto, perché diventa solo un pensare al momento in cui potremmo tornare alla vita di prima, quella dell’acqua torbida nella laguna, della perenne nube tossica sul nord Italia e dei delfini solo all’acquario di Genova, per non parlare di tutto il resto.
Faccio un esempio, forse il più evidente: la GDO, la grande distribuzione organizzata, Conad, Coop, Carrefour, Esselunga, ecc. ecc.
La GDO è responsabile di circa il 25% dell’inquinamento della terra, basti pensare all’incidenza del trasporto su gomma; è responsabile indiretta di una larga fetta della deforestazione del pianeta, responsabile del taglieggiare i produttori che vedono pagato con un tozzo di pane il loro lavoro, complice di quei produttori che ricorrono a sostanze chimiche (che poi ci mangiamo) per implementare i raccolti, dei 2 euro all’ora pagati alla manodopera extracomunitaria per la raccolta, degli orari di lavoro e dei contratti capestro con i propri dipendenti, complice indiretta del riciclaggio del denaro della camorra nella costruzione dei centri commerciali per mezzo delle proprie controllate che ne gestiscono il patrimonio immobiliare e potrei continuare… L’elenco è lungo e rischia di diventare sterile, ma è bene tenerlo a mente quando, io per primo (ma sto cercando di smettere) entro al Conad, alla Coop o al Carrefour.
Questa è la considerazione che un po’ di consapevolezza devo cercarla, perché sarà inevitabile farlo se davvero vogliamo imparare qualcosa da questa vicenda, personalmente ma anche come comunità, perché altrimenti tutto questo non sarà servito a niente, e sarà stato inutile attraversare un periodo che per molti è di sofferenza e dolore per le persone care scomparse, per i sacrifici fatti, per le scuole chiuse, per il lavoro interrotto, la quotidianità stravolta…